martedì 26 dicembre 2023

Stelle Bianconere: John Charles

Considerato uno dei migliori calciatori gallesi e britannici della storia, venne soprannominato King John e, durante la sua militanza nella JuventusGigante Buono per la sua statura e la sua correttezza in campo, tanto che non venne mai ammonito o espulso in tutta la sua carriera. Charles fece parte, insieme a Giampiero Boniperti e Omar Sívori, del cosiddetto Trio Magico, uno dei più prolifici reparti d'attacco della storia della Juventus e del campionato italiano.

Nella sua carriera vinse 3 campionati italiani e 2 coppe nazionali con la maglia della Juventus, con la quale si aggiudicò il titolo di capocannioniere della Serie A e un terzo posto nella classifica del Pallone d'oro 1959.

Buona Visione/lettura!


john


Parlò sempre poco l’italiano, e i colleghi garantivano che parlava poco anche l’inglese. Arrivò a Torino nel 1957 con già tre figli (Sivori, tre anche lui, ne ebbe due quando già stava a Torino) e trovò sempre riparo in essa.
Aveva una velocità progressiva notevole e quando capitava che travolgesse un avversario, John subito lo aiutava ad alzarsi e gli chiedeva scusa. Una volta venne a giocare a Torino l’Arsenal e il centromediano era suo fratello, Mel: si diedero sanissime botte per novanta minuti, un bel western di famiglia: mai una cattiveria, sempre un’onesta gagliardia. Fu uno spettacolo.
Il compagno Garzena, racconta: «Prima delle partite, avrebbe potuto mangiarsi una bistecca alla valdostana, con il formaggio e tutto il resto. E non aveva mai una lira in tasca; John non aveva mai capito troppo bene il cambio tra lire e sterline, era poco attento ai soldi e all’amministrazione del denaro. Capitava spesso che gli dovessi pagare persino il cinema. Che giocatore, però! Quello che fece nel primo anno alla Juventus, tra goal fatti, goal salvati e assist, non ho mai più visto farlo a nessuno».
E ancora, quando decise di lasciare la Juventus: «Rimpiango di non essere arrivato prima in Italia, in questo paese magnifico, fatto per gente eccezionalmente simpatica. Se così fosse stato, anche la mia famiglia avrebbe assimilato, come ho fatto io, il vostro modo di vivere. Ma adesso avverto il bisogno di tornare a casa; i miei figli cominciano a essere grandi e mia moglie Peggy sostiene che non possiamo più perdere del tempo. Dovranno vivere in Inghilterra, è necessario che, nel minor tempo possibile, diventino inglesi. Per questo John Charles, vi lascia e vi saluta; io, lo giuro, sarei rimasto tra di voi per sempre. Ma non posso! Non posso proprio!»
D’altronde i suoi goal, di testa o di piede, furono sempre molto simili, perentori e sonanti, largamente annunciati da un volo, da un’avanzata, senza troppa invenzione e fantasia. I suoi goal non facevano arrabbiare i portieri, erano goal buoni, chiari, semplici. Erano John Charles.

Liberamente tratto da Gli Eroi in bianconero - John Charles




„La Juventus vuole dire vittoria. Ecco il modo più semplice per spiegare la Juve, l'ho detto tante volte in Inghilterra quando mi chiedevano di raccontare il mio periodo italiano e io non avevo tanta voglia di parlare. È semplice, dicevo, alla Juventus si vince. (citato in Storiche citazioni di juventini veri“ —  John Charles

Fonte: https://le-citazioni.it/autori/john-charles


 






John Charles racconta la sua avventura italiana
Perché è tornato al Leeds 
Cinque «anni meravigliosi» nella penisola, turbati soltanto nel finale dalle difficoltà frapposte al rimpatrio e da discussioni economiche 
Il primo contatto con Gigi Peronace e la firma del contratto con la Juventus Il manager delle stelle della televisione ha curato gli interessi di Charles.
Il calciatore della Juyentus John Charles, rientrato definitivamente a Leeds, ha iniziato la pubblicazione delle sue memorie di cinque anni di vita italiana. A differenza di altri professionisti inglesi del football, Charles ha conservato un sereno ricordo delle sue esperienze mediterranee. Egli mette in evidenza con spirito obiettivo pregi e difetti dei due differenti ambienti sportivi, l'italiano ed il britannico.
Da oggi La Stampa pubblica in esclusiva il racconto di quello che è stato senza dubbio uno dei più forti e popolari assi stranieri del nostro campionato.
Londra, 13 agosto. I miei due figli più grandi parlano l'inglese e l'italiano e così anche il più piccolo, Peter, di cinque anni. Egli però non si rende ben conto che quando parla italiano fa un misto divertente di entrambe le lingue. Il motivo per il quale ho posto fine ad una piacevole permanenza di cinque anni in Italia non ha niente di sensazionale. Mia moglie Peggy ed to amiamo l'Italia, ma siamo inglesi e desideriamo che anche i nostri figli crescano come tali.
Pertanto, non vi è nessuna storia segreta sulla nostra partenza, nessun mistero. Non è stata nemmeno una decisione improvvisa. Ci abbiamo pensato su per cinque anni e cioè fin da quando lasciammo l'Inghilterra. Tuttavia, non mi ero reso conto che partire fosse così difficile o che le mie ultime settimane di permanenza sarebbero degenerate in una discussione di denaro.
Il punto di vertenza con la mia società riguardava il 12 per cento sul prezzo di trasferimento versato dal Leeds per riavermi, oltre ad un premio di un milione e mezzo per il comportamento nell'ultimo campionato in totale 7860 sterline (poco più di 13 milioni).
Una parte della somma mi era stata promessa soltanto verbalmente dal dott. Umberto Agnelli ed il mio ultimo contratto in Italia si riduceva ad un'estensione verbale degli accordi stipulati in precedenza per iscritto. Dopo una serie di spiegazioni e di trattative la questione è stata risolta e ne sono ben lieto.
Questa discussione era stata una nota negativa nei miei ultimi rapporti con il calcio italiano. Forse si voIevano fare ulteriori pressioni per trattenermi in Italia e non vi era dato modo per convincere i dirigenti bianconeri che intendevo ritornare al mio paese. Già in precedenza il rifiuto di accettare i fatti mi aveva messo in crisi, crisi che durò fino al mese scorso, quando il presidente della Juventus in due minuti mi liberò dal peso che era gravato su di me per due mesi.
In quei due minuti dopo che ero venuto a Torino in seguito ad una convocazione urgente da parte del club bianconero il signor Agnelli mi disse che potevo tornarmene in Inghilterra. A pochi passi di distanza, un vecchio tifoso della Juventus stava piangendo come un bambino perché io me ne andavo. Naturalmente, ne fui commosso, ma non ho certo cambiato idea.
Mi sarebbe soltanto spiaciuto andarmene in modo brusco e chiudere male una meravigliosa permanenza di cinque anni in Italia. Una meravigliosa avventura соminciata molto tempo fa.
All'inizio del 1955, due anni prima che mi trasferissi in Italia, uno straniero giunse inatteso sul campo del Leeds United. Fu ricevuto nell'ufficio della segreteria e gli venne offerta una tazza di tè. Ad un tratto, alzatosi in piedi lo sconosciuto si accostó alla piccola finestra che dava sul campo, dove i giocatori stavano allenandosi. Dove é Charles chiese. Gli fu indicato.
Ah, si disse lo straniero la Juventus vorrebbe acquistarlo. Educatamente, ma con fermezza, venne invitato a finire il te e ad andarsene. Quello fu il primo contatto di Gigi Peronace con il foot-ball inglese.
Gli italiani non sono famosi per la loro pazienza. Ma se sono decisi ad avere un calciatore, sono pronti ad aspettare quanto è necessario, pur, di assicurarsi il loro uomo. Comunque, per quanto ne potevo sapere to allora, un mio trasferimento in Italia era fuori discussione.
Soltanto due anni dopo il mio passaggio al club torinese si sviluppò come un'avventura di spionaggio.
Ecco la successione dei fatti, 6 aprile 1957: il Leeds aveva giocato contro l'Arsenal, a Highbury. Mentre lasciavo to stadio dopo la partita, fui chiamato da un giornalista mio amico. Voleva farmt incontrare un uomo che, secondo lui, poteva fare molto buone cose per me. Accettai e salimmo su un tassi. Sul sedile posteriore c'era, atteso, Gigi Peronace. Ci stringemmo la mano e dopo un lungo giro di parole apparve chiaro quello che Gigi voleva quel che era disposto ad offrirmi. Io ero in una posizione delicata: ero sempre un giocatore del Leeds. Egli lo riconobbe.
10 aprile La nazionale del Galles giocava una partita internazionale contro l'Irlanda, a Belfast, Fu per me una giornata memorabile: la mia prima partita come capitano della squadra del mio Paese. Fu ancor più memorabile perché nella tribuna del Windsor Park stava il presidente della Juventus, 
13 aprile I giornali riferirono che Real Madrid, Lazio e Inter si interessavano a me. L'atmosfera cominció a scaldarsi. Tifosi sconosciuti mi scrivevano, mi telefonavano ο mi fermavano per strada. Tutti volevano sapere se era vero oppure nо che avrei lasciato il Leeds United. Nulla di ufficiale era stato detto a me dai miei dirigenti.
Quella stessa sera, al Leeds United arrivò telegramma da Agnelli. Confermava che egli era in viaggio per Leeds, per fare un'offerta, ed invitava il Leeds a accettare altre proposte, prima d'aver sentito la Juventus.
18 aprile Giornata fatidica. Il Leeds era in agitazione. Mia moglie Peggy era a casa in attesa del nostro terzo figlio e la nostra abitazione sembrava una fortezza assediata. Molti giornalisti tentavano di sapere qualche cosa sulla questione e ne parlavano non trascurando, naturalmente, mia moglie il nascituro. Un grosso industriale mise a disposizione la somma di 10 mila sterline, la stessa che mi sarebbe stata offerta dalla Juventus, se fossi rimasto con il Leeds United, ma tale offerta era illegale e non fu presa in considerazione. I giornali non pubblicarono, quel giorno, un'altra notizia importante, e cioè che John Charles sarebbe stato il primo giocatore di calcio ad essere rappresentato dal proprio agente durante le trattative per il trasferimento. 
Io avevo infatti ricevuto poco prima un telegramma da Londra. 
Esso diceva:
< Parto stamane da Londra con Kenneth Wolstenholme. Non fare nulla fino al nostro arrivo. (firmato) Teddy Sommerfield
Sommerfield è il dirigente di un'organizzazione londinese che si interessa dei contratti delle  nostre stelle più in vista della televisione, fra cut Eammonn Andrews. Per qualche tempo egli era stato il mio agente al di fuori dell'attività calcistica e ed eravamo ottimi amici. Nel Queen's Hotel di Leeds io discussi in tutta segretezza, al secondo piano, camera 22, dalle 15,30 a oltre le 22 prendendo in esame i vari dettagli.
L'organizzazione di Sommerfield aveva lavorato in stretto contatto con legali e contabili. Pertanto sapeva quale era il costo della vita in Italia, era stata anche messa al al corrente corrente sullo stipendio corrisposto ai calciatori in quel paese; conosceva inoltre i ruoli completi della Federazione italiana calcio e della Lega e informazioni sui loro contatti con giocatori e sui contratti di ingaggio e di rinnovo.
Così quando concordammo l'incontro con dirigenti della Juventus ero perfettamente al corrente delle condizioni che si facevano al calciatori in Italia. Nel frattempo i rappresentanti delle due squadre si erano riuniti in segreto in una localita alla periferia della cittá. In serata ci fu una seconda riunione. Questa volta nella stanza n. 233. Le discussioni ebbero inizio alle 20,30 e un'ora dopo i colloqui erano ancora in corso anche se nessuno riusciva a rendersi conto del perché di tanto parlare. Finalmente la seduta fu tolta ed i rappresentanti del Leeds scesero nella hall.
Io fui invitato a incontrarmi con il signor Agnelli. Appena lo vidi gli feci presente che avrei desiderato avere Sommerfield al mio fianco. Non c'è dubbio che gli Italiani siano rimasti sorpresi nel rendersi conto che noi eravamo bene informati sulla situazione calcistica nel loro paese. Il nostro collequio durò oltre due ore e fu soltanto dopo mezzora che il signor Agnelli diede al giornalisti che l'attendavano la fatidica notizia: 
"E stato raggiunto un accordo di principio."
 Finalmente anch'io potevo andare a letto. Sommerfield e Wolstenholme si incontrarono nuovamente nella stanza 222 e vi rimasero fino alle prime ore del mattino per rivedere termini dell'accordo. Era un lavoro lungo e impegnativo, ma ne valeva la pena.
Sono convinto che se la mia esistenza in Italia è stata felice lo devo in particolar modo alla cura con la quale venne trattata la questione prima della firma per l'ingaggio. 
John Charles Copyright Associated
Newpapers Limited 1962




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