É il 17 Giugno 2001 e Juventus ed Atalanta si sfidano nella Diciottesima ed ultima Giornata del Girone di Ritorno del Campionato di Calcio di Serie A 2000-01 allo Stadio 'Delle Alpi' di Torino.
La Juventus guidata in panchina da Carlo Ancelotti ha perso la 'battaglia' con la Roma di Fabio Capello per la conquista dello Scudetto. Alla fine sará solo un amarissimo secondo posto per i bianconeri.
Dall'altre parte ci sono i bergamaschi che vivono una bella stagione e finiscono la stagione in settima posizione in classifica.
Buona Visione!
Stagione 2000-2001 - Campionato di Serie A - 17 ritorno
Torino - Stadio Delle Alpi
Domenica 17 giugno 2001 ore 15:00
JUVENTUS-ATALANTA 2-1
MARCATORI: Trezeguet 6, Tacchinardi 64, Nappi 78
JUVENTUS: Van der Sar, Tudor, Ferrara C., Iuliano, Paramatti (Athirson 71), Zambrotta, Tacchinardi, Pessotto G., Zidane (Inzaghi 27), Del Piero, Trezeguet (Kovacevic 75)
Allenatore: Carlo Ancelotti
ATALANTA: Pelizzoli, Zenoni C., Siviglia, Carrera, Bellini, Dundjerski (Pagano 77), Zenoni D., Berretta, Zauri, Morfeo (Espinal J. 79), Nappi (Bianchi 79)
Allenatore: Giovanni Vavassori
ARBITRO: Bolognino
Travolto dai tifosi e da certa stampa
L'allenatore: è una decisione che fatico a capire perché sono convinto d'aver fatto beneCarlo Ancelotti non è più l'allenatore della Juventus. Lo sapevano tutti. Non tutti sapevano perché. Neanche lui. Ieri, quando ha tentato di spiegarlo, non c'è riuscito:
«E' una decisione presa dalla società che fatico a capire. Per me è diffìcile. C'è la consapevolezza d'aver fatto il meglio. Di essere andato d'amore e d accordo per due anni. D'aver avuto grande amicizia con la dirigenza e con la squadra. Ma è una decisione che accetto».Li chiamano mister, come in Inghilterra. Un po' signori bisogna esserlo. A Roma lo chiamavano «core de Roma». Quand'era giocatore dicevano che era un duro. Da allenatore dicono che «è troppo buono». Valli a capire. A noi piace perché sembra un inglese: si lotta e si perde, ma si lotta, facendo poche parole, senza perdere lo stile. Noi non contiamo niente, però. Mister Carlo Ancelotti, l'allenatore che ha fatto tanti punti quanto Lippi smarrendo due scudetti sul filo di lana, è stato licenziato dopo Juve-Roma (Van der Sar, Van der Sar...), e gliel'hanno detto dopo Juve-Perugia. Lui l'ha tenuto dentro fino all'ultimo giorno di campionato. L'annuncio definitivo arriva nell'intervallo, tribuna, ore 17, il dottor Umberto Agnelli ai giornalisti:
«Ancelotti ci lascia e mi spiace. Gli auguro di trovare una città, una tifoseria e una stampa che gli siano amiche. E' stato travolto da questo difficile vivere in una città in cui tifosi e parte della stampa gli erano contro».Il dottore annuncia pure che Inzaghi va via e che
«per Vieri c'è qualche problema».Ma quella che conta adesso è la dichiarazione su Ancelotti. L'allenatore buono arriva in sala stampa della tv e gli regalano una maglia con il numero 150, quello delle partite allenate in serie A. Poi va nella sala stampa dei giornali e lo accolgono con un applauso lungo due minuti, tutti in piedi. Dov'era la stampa contro? E' accompagnato dall'avvocato Vittorio Chiusane, presidente della Juve, e Roberto Bettega, vicepresidente. I cronisti attaccano Bettega:
«Perché avete detto che metà stampa era contro Ancelotti?».Bettega:
«Io non l'ho mai detto. Mi è stata fatta una domanda con quella frase».Allora, perché l'avete licenziato?
«Tutti i complimenti a Carlo. Ma non possiamo dimenticare che ci sono stati momenti di tensione. Ci sono delle decisioni da prendere, in certi momenti, e voi quelle dovete giudicare, è un vostro diritto. Nostro compito invece è quello di prenderle, con tutti i rischi del caso».Ma perché gli avete rinnovato il contratto? Non è prenderlo in giro così? Chiusano:
«Non accetto questi termini. Mi sembra di essere un imputato davanti a 25 pm. E' un ruolo che non mi piace».Bettega:
«Le cose sono sempre in movimento. Ma non abbiamo ingannato nessuno. Se avessimo promesso, senza fare niente, lo avremmo ingannato. Noi gli abbiamo fatto un contratto».E quali tensioni vi hanno diviso? Bettega:
«Ci sono cose che si vivono nella società tutti i giorni, piccole sfumature che possono essere importanti. Voi non potete captare sempre le sensazioni che viviamo noi».Solita domanda: non abbiamo ancora capito il motivo. Qual è?
«Noi cerchiamo di fare il meglio per la Juve. Non c'è mai stato un motivo determinante. Noi siamo amministratori, questo è il nostro ruolo».Chiusano:
«Non sono tenuto a dare spiegazioni. Posso solo dire che provo per Ancelotti una particolare simpatia umana».Allora, si può provare a chiedere all'allenatore buono, il mister che vince-e che non basta. Ma neppure lui l'ha capito molto:
«Per me è difficile, perché credo d'aver fatto bene. Restano i fatti, inutile dire perché e per come. Ho il bilancio di due anni ben fatti, fra tante difficoltà. Ma la squadra ha dato tantissimo e di più non poteva fare».Quando l'ha saputo?
«La notizia mi era stata annunciata dopo la partita con il Perugia».Gliel'hanno motivata?
«Conta poco».E adesso, che effetto fanno tutti questi complimenti?
«Li accetto molto volentieri. Ti gratificano come le vittorie. Dimostra che quello che potevo fare l'ho fatto».Avrebbe preferito un'altra squadra o i 2 miliardi della Juve senza allenare?
«Un'altra squadra la troverò. Mi dispiace, invéce, tanto abbandonare un posto dove mi sono trovato bene».L'ostilità l'ha mai avvertita?
«L'avventura era cominciata così così, con quei cori ingiuriosi. Poi avevo capito da dove arrivavano, e li ho trovati inutili. So che i tifosi della Juve non sono questi cento. Sono quelli di Torino e in giro per l'Italia che amano questa squadra con grande passione».Il tuo stato d'animo?
«Non lo so. Cioè, lo so, ma non ve lo dico».Carlo Ancelotti, il più inglese degli allenatori italiani, ha lasciato così. Erano le 18,20, Bettega e Chiusano hanno fatto capire che arriverà Thuram, e che questa settimana magari verrà rinnovato il contratto a Moggi, Giraudo e Bettega. Chi va e chi resta. Ancelotti saluta con quella faccia un po' così. Peccato. Gli inglesi còme lui nella vita hanno sempre vinto. Parola d'onore: succederà.
Pierangelo Sapegno
tratto da: La Stampa 18 giugno 2001
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