giovedì 28 dicembre 2023

31 Dicembre 1988: Juventus - Torino

É il 31 Dicembre 1988 e JuventusTorino si sfidano nell' undicesima giornata del girone di andata del Campionato Italiano di Calcio di Serie A 1988-89 allo Stadio 'Comunale' di Torino. É il Derby della Mole e tutta la città si mobilità.

É una Juventus che cerca di costruire una squadra ancora scossa dal addio di 'Le Roi' Michel Platini e dai fallimenti di Ian Rush e del tecnico Rino Marchesi. Guidati in panchina dalla leggenda Dino Zoff, i bianconeri raggiungono un quarto posto in campionato che dovrebbe rappresentare un buon viatico per il futuro. Dall'altra parte c'è un Torino guidato in panchina da ben tre allenatori durante la stagione, conclude la stagione in 15a posizione e scende clamorosamente in Serie B.

Buona Visione!

 

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Stagione 1988-1989 - Campionato di Serie A - 11 andata
Torino - Stadio Comunale
Sabato 31 dicembre 1988 ore 14.30
JUVENTUS-TORINO 1-0
MARCATORI: Altobelli 62

JUVENTUS: Tacconi, Favero, Cabrini, Galia, Bruno, Tricella, Marocchi, Mauro, Altobelli, Zavarov (Rui Barros 81), Laudrup
Allenatore: Dino Zoff

TORINO: Marchegiani, Rossi E. (Edu 69), Brambati, Catena, Benedetti, Cravero, Fuser (Bolognesi 81), Ferri G., Skoro, Sabato, Zago
Allenatore: Claudio Sala

ARBITRO: D'Elia



Un derby vibrante che avrebbe potuto insegnare molto a Muller
Juve più in salute del Toro
La squadra di Trapattoni passa a Lecce (3-0), quella di Liedholm si sbarazza di Maradona con un gol di Voeller in zona Cesarini (1-0).
Nel derby la Juve prevale sul Torino (1-0) con una rete di Altobelli.
Al Milan non basta Gullit: 0-0 con la Sampdoria. Successi del Pescara (3-0 col Cesena che accusa Paparesta) e del Bologna (1-0 con l'Ascoli) - Tre rigori in Verona- Fiorentina (2-1) Pari tra Atalanta- Como (1-1) e Pisa-Lazio (1-1)

TORINO-Quel brasiliano a nome Luis eccetera, semplificato in Muller o Miller, si è perso proprio tanto perdendosi il derby Juventus-Torino. Giá aveva perso la faccia e tanti aerele (forse) la moglie e (più forse ancora) il passaporto. Adesso ha perso un'occasione di crescita, di utile full immersion nella realtà calcistica italiana, quella che gli permette, o gli permetteva, guadagni che in Brasile nessuno raggiunge, e in Italia pochissimi. I suoi compagni (ancora?) granata hanno semplicemente perduto una partita. Lui ha perso: non c'è neppure bisogno di complemento oggetto. Perduto e perso sono due participi passati diversi, anche se nascono dallo stesso verbo, il secondo è più grave e vive da solo. Non è stato un bel derby nel senso di grande calcio, Muller non avrebbe Imparato niente di grosso football glocato. Però avrebbe magari potuto insegnare qualcosa, gratificando an- che se stesso, assegnandosi un'uti lita. Avrebbe visto ragazzini della sua squadra, tipi ancora più giovani di lui, e di lul assal meno pagati, battersi sino all'autentico stremo fisico (Fuser, Zago, Catena), anche per colpa della sua assenza. Avrebbe visto uomini affermati dell'altra squadra (Zavarov, Laudrup, Altobelli), noti più di un Muller in campo internazio nale, accettare la fatica semplice e grande, anche l'umiliazione del mar- camento asfissiante e narcotizzante e persino della sostituzione (Il sovie- tico). Avrebbe visto gente che ha vin- to quanto Muller manco si sogna (vedi Cabrini) offrire il fiatone, il declino Inevitabile con dignità e volontà commoventi, condite dalla classe. Avrebbe visto Skoro, straniero del Torino e a Torino come lui, batteri allo stremo, a fare da solo il lavoro di tre attaccanti. Avrebbe visio la curva Maratona, quella alla quale lui talora ha simulato di essere devoto, recitando niente male, e di voler dedicare meglio di se stesso, svenarsi di pas- sione e poi di delusione. Avrebbe vi- sto la curva Filadelfia, di gente abituata ad allori grandi, gloire per un gal povero e ricco insieme. Avrebbe capito tante cose. Forse non avrebbe camblato l'esito del derby, sicura- mente avrebbe cambiato se stesso. Sicurissimamente in meglio.

E' innamorato di una donna bella e inquieta che l'ha lasciato, tenendosi anche la creatura. E' giovanissimo, selvatico per non dire selvaggio. Ha patito il freddo dell'inverno torinese, che quest'anno peraltro è stato sinora meno innevato di quello palermitano, Ha voluto cercare il sole brasiliano, come da contratto, mentre a Torino convenivano, per far Natale in una città che ha calori difficili ma veri. Berggreen e Polster, due ex, stranieri come lui, scaricati tecnicamente e burocraticamente anche per far posto a lui, ma legatissimi moralmente alla squadra alla società granata. Ha comunque molte attenuanti. Ma ha dieci dita delle mani, e un dito gli sarebbe bastato per comporre (c'è la teleselezione, in Brasile, e funziona pure bene) il numero del Torino, e spiegarsi, Poteva annunciare: Sono innamorato, cercate di capirmi, se non di scusarmi. Sa già abbastanza italiano per dire queste cose, per farle sapere alla gente più meravigliosamente tifosa del mondo.

La squadra granata ha perduto di misura e senza indegnità alcuna con- tro una Juventus più in salute. E' comunque una squadra che può fare dei bel punti anche senza di lui. E' una squadra nella quale un altro bra siliano, Edu, sembra chledere, umilmente, permesso. Edu è entrato a partita decisa, ha starnazzato un po', faceva tenerezza: non ha i numeri di un Muller, lo sa, comunque può guardare in faccia quelli della curva Maratona, perché ha dato quello che ave va quel 31 dicembre 1988.

Muller si è perso un derby con alla fine scambi di maglia fra giocatori che pure si erano sin li gagliardamente menati, basta pensare a Benedetti e Altobelli che hanno fatto il lor western privato e pubblico subito all'inizio. Un derby giocato, lottato davanti ad un pubblico abbastanza fit- to nonostante la data assassina. Si è perso quello che rischia di essere uno degli ultimi episodi di football sanguigno e onesto insieme.

La gente domenica allo stadio era un po' delusa o almeno raffreddata, la perdente si capisce più di quella vincente, e c'era la sensazione di una giornata regalata al calcio, più che di un regalo del calcio a chi era andato a vederlo. Però è uscita fuori nell'insie- me una cosa dignitosa, onesta. Perció scriviamo che ieri l'altro Luis eccetera non viene voglia di usare il soprannome che évoca fasti calcistici guerrieri ha perso qualcosa, ha perso molto, ha perso.

Gian Paolo Ormezzano
tratto da: La Stampa 2 Gennaio 1989






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