sabato 10 febbraio 2024

11 Febbraio 1973: Juventus - Lazio

É il 11 Febbraio 1973 e Juventus e Lazio si sfidano nella Terza Giornata del Girone di Ritorno del Campionato Italiano di Calcio di Serie A 1972-73 allo Stadio 'Comunale' di Torino.

La Juve allenata in panchina da Cestmir Vycpalek si appresta a vincere il suo quindicesimo Scudetto anche se ad una giornata dal termine sembrerebbe che il Milan si possa fregiare della tanto osannata Stella del decimo tricolore. Ma una sconfitta inattesa a Verona ribalta tutto in quella che é tutt'oggi famosa come la 'Fatal Verona'. Dall'altre parte c'é una Lazio che disputa il campiontato piú bello della propria storia, antipasto di quel che sará l'annata trionfale che seguirá.

Buona Visione!



Campionato di Serie A 1972-1973 - 3 ritorno
Torino - Stadio Comunale
Domenica 11 febbraio 1973 ore 15.00
JUVENTUS-LAZIO 1-0
MARCATORI: Bettega 18

JUVENTUS: Zoff, Spinosi, Marchetti G., Furino, Morini, Salvadore, Haller (Cuccureddu 72), Causio, Anastasi, Altafini, Bettega
Allenatore : Cestmir Vycpalek

LAZIO: Pulici, Facco, Martini (Petrelli 83), Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, Manservisi
Allenatore : Tommaso Maestrelli

ARBITRO: Angonese



DINO ZOFF, PORTIERE E UOMO 
L'Impenetrabile 

Distribuisce in ugual misura i meriti suoi e quelli dei compagni di squadra neppure imitandoli a quelli della difesa che più profondamente hanno contribuito alla conquista del primato dell'imbattibilità, poiché se il record porta il suo nome, non desidera che sia fatto personale, ringrazia per i complimenti gli applausi, poi esclama
"Adesso si esagera con le lodi" 
E a questo punto nasce spontaneo il sospetto che Dino Zoff accentui, ad arte. la propria modestia. Però, penetrando — proprio lui impenetrabile in campo e nelle relazioni umane — il personaggio si scopre che Zoff veramente la pensa a quel modo, cioè esprime fedelmente ciò che porta dentro di sé. Da buon friulano che sa dare il giusto valore a fatti e cose, preferisce conservare l'equilibrio nel giudicare e festeggiare questo famoso record costruito in dieci partite, cioè in 860 minuti. 
«Sa come si dice al mio paese? — mi fa osservare — Né sul soffito, né sul pavimento ».
Indubbiamente Dino Zoff ha pronunciato più parole in questa occasione, prima e dopo, che in tutta la carriera, e sono dodici anni che fa il portiere. Ai fotografi che allo scoccare dei fatidici ventidue minuti, che gliene mancavano prima di Juventus-Lazio si agitavano dietro la rete per ritrarlo ha urlato: 
« Siate fermi, lasciatemi lavorare. Io sto giocando la mia partita ». 
Già, Ia sua partita, che egli identifica ogni domenica nella partita della squadra di cui difende l'imbattibilità. Anche ieri egli ha anteposto l'interesse della Juventus al proprio, e l'anteporrà anche in futuro al punto da affermare: 
« Il giorno che dovrò subire un gol, fortemente mi auguro che non sia determinante per il risultato ». 
Zoff spera cioè che se un giorno alla sua ''escalation " sulla via dell'imbattibilità dovrà essere imposto un brusco arresto, non coincida con una sconfitta della Juventus. Quei ventidue minuti di tensione che doveva consacrarlo primatista, Zoff li liquida con poche parole. Accenna all'ansia sua e dei suoi compagni, all'assalto di Chinaglia e Re Cecconi il cui scopo di frantumare le speranze di tutto il clan juventino, non dà eccessivo peso a quei due o tre affannosi e tempestivi interventi per sbrigliare situazioni pericolose. 
« Faccio una guerra ogni domenica, dice, ed ho imparato a mie spese di non inseguire le fantasticherie ». 
Cioè quello è il suo mestiere, con o senza un primato da conquistare. Certo che a possederlo egli prova ora grande soddisfazione, pur misurando le parole per esprimerla. D'altra parte tutti hanno visto come sul campo Dino Zoff ha accolto il felice momento. All'applauso della folla egli ha risposto limitandosi ad uscire dai pali, avanzare a metà dell'area di porta e sollevare il braccio destro in segno di ringraziamento. Poi, compassatamente come aveva compiuto questi, è tornato al suo posto, a proseguire la sua partita. E imbarazzarlo mi e parso anche quando quel ragazzotto fasciato di un bandierone bianconero gli ha offerto un mazzo di garofani rossi ed ha cercalo di gettargli le braccia al collo. In realtà Zoff è un uomo timido, ha difficoltà nel comunicare con la gente, e lo dice, ma non è introverso o un orso. Anzi, rifiuta questa patente che in passato gli hanno attribuito. E' un uomo che alle parole preferisce i fatti, i suoi pensieri e sentimenti li manifesta col silenzio guardando le persone cui si rivolge con gli occhi buoni del ragazzo per bene, che non ha grilli per la testa, che divide in ugual misura il suo tempo fra casa e lavoro, patisce quando è lontano dalla famiglia, e porta in sé il profondo rammarico di non poter riversare anche su un figlio i suoi affetti. E parlando di queste cose, magari con riluttanza, diventa penetrabile. Rivela che desidera comunicare con la gente sebbene gli sia difficile. Insomma, fa di tutto per inserirsi completamente nella vita di una città che, dopo vaghe critiche quando arrivò (forse perché si disse, era costato tanto), adesso lo ammira e gli fa tanti elogi. In questa città, lui che all'ernia di avere la sua vita i suoi compagni e sua moglie ed è in fondo un casalingo, si sente bene. A suo agio. 
« Anche i torinesi parlano poco... », conclude. 

Fulvio Cinti
tratto da: La Stampa 12 febbraio 1973


 


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