sabato 3 giugno 2023

I Grandi Allenatori Bianconeri: Giovanni Trapattoni

Noi di JLSSN - Juventus La Storia Siamo Noi vi omaggiamo questo video dedicato ad un 'mostro sacro' della panchina bianconera.

Stiamo parlando di Giovanni Trapattoni, che entró in punta di piedi come giovane tecnico nel 1976 conquistando subito l ambiente juventino. 


«Lo scudetto più bello? Difficile dirlo. Il primo non lo dimentichi più, ti affascina e ti frastorna. Poi ricordo con soddisfazione quello vinto con la Juve dei Fanna e dei Marocchino, una squadra tutta grinta e volontà. Ma importante è stato anche il 6°, l’ultimo in bianconero. Segnava il passaggio da un’epoca all’altra, i superstiti del primo titolo erano ormai pochi. Gli juventini del 1977 erano ragazzi che Boniperti si era scelto e allevato uno per uno. In una giornata definiva il contratto di tutti. Sapeva essere duro, sapeva essere generoso. Poi c’era l’Avvocato. Arrivava negli spogliatoi e trattava allo stesso modo Platini e il magazziniere. Amava la Juve, ma quando gli chiesi di comprare Paolo Rossi rispose di no: “Costa troppo e noi abbiamo migliaia di cassintegrati. Potrebbe fare un altro nome?”. Non mi ha mai dato un ordine, credo non ne abbia mai dati in vita sua, i suoi ordini erano domande: “Ma perché quell’ala sinistra non gioca mai?”».
L’altra Juve è un capitolo amaro. Tre stagioni. Accolto come la salvezza dopo la caduta di Maifredi, sulle braci adesso, insieme all’amico Boniperti, bollato anche lui come retaggio di un calcio antico e superato. I discorsi di sempre: difensivista, noioso, bollito. E il mito del Vincente che si appanna per colpa di una squadra che appare sfibrata e stanca, di un gruppo che sta perdendo la sua forza. Non è servita neppure la Coppa Uefa vinta l’anno precedente, stagione 1992-93, mettendo in fila Benfica, Paris St. Germain e Borussia. Con quel trio d’attacco, Baggio-Vialli-Möller, su cui contava per rinverdire i fasti dell’altra Juve, quella di Boniek-Rossi-Platini prima, di Laudrup-Platini-Serena poi.
Invece è un’altra storia. Non serve sapere che dopo il Milan dell’era Capello, comunque, ci sono i suoi ragazzi. Non serve evidenziare l’irresistibile ascesa di Moreno Torricelli, un giocatore (l’ultimo dei tanti) su cui ha scommesso, signor Nessuno che è diventato un piccolo re. Basta, si chiude e questa volta è per sempre: «Ho dovuto sentire troppe volgarità, a un certo punto avevo pensato anche di lasciare il calcio, di cambiare vita».
Forse è proprio vero, i luoghi della gloria non andrebbero mai rivisitati. Nemmeno se ci hai vissuto i tuoi giorni migliori. Non è mai stato facile, d’accordo, neanche quando vinceva quello che nessun altro aveva vinto. Nemmeno ad Atene, era stato facile. Ma questa Juve, la sua seconda Juve, è una macchia sul vestito buono. «Trapattoni, vattene» recita lo striscione della curva. È il 2 aprile 1994, è il tempo degli addii. E in fondo quella frase secca, ingrata, se l’aspettava. Lo attaccano tutti, mica solo la gente dagli spalti. I giocatori si difendono dalle critiche confidando, nemmeno troppo sottovoce, i loro malesseri. Non tutti, ma quelli che bastano per far saltare gli equilibri. Lo scaricano, gli dicono che è vecchio, per questo calcio. E Giovanni Trapattoni, abituato a lottare e a incuriosirti di tutto, non ci sta. «Non è serio, questo mondo. Non mi preoccupa aver ricevuto il benservito, ma avrei voluto che arrivasse a maggio, se non altro per la serenità di tutti».
Lo ha capito anche lui che è un altro mondo. Ma non per questo rinuncia a lottare. «Anche l’Avvocato mi ha telefonato. Mi ha spiegato, con pacatezza, che bisogna dar spazio ai giovani. Anche io sono vecchio, mi ha detto. D’accordo, largo al nuovo che avanza, ma io non mi arrendo. Perché ho ancora l’entusiasmo di un ventenne».

tratto liberamente da 'Eroi in bianconero - Giovanni Trapattoni' - tuttojuve.com


Buona Visione!












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